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Ci sono luoghi dove il passato e il presente si incontrano e quasi si confondono in un intreccio al cui fascino è difficile resistere. La pioggia bagna di piccole, noiose gocce il parabrezza dell’automobile trasformandolo in uno schermo su cui le immagini scorrono in un bianconero carico di un’attrazione antica. Lo sguardo del fotografo lo attraversa per soffermarsi su un paesaggio di cui coglie il rigore geometrico: il ponte che definisce l’orizzonte possiede la solennità imponente della facciata di una chiesa ma l’immagine si fa dinamica nella parte inferiore attraversata diagonalmente com’è dalla linea del parapetto che corre lungo il Naviglio. Oggi a quel ferro, a quei tiranti, a quei bulloni i rari passanti dedicano uno sguardo distratto. Eppure questi elementi ancora conservano i segni di un’antica civiltà dove il ferro rappresentava la modernità, la forza che sapeva resistere alle ingiurie del tempo, la sfida al futuro, l’identica audacia che ancora caratterizza le arcate delle stazioni ferroviarie. Andrea Calestani si avvicina ai Navigli con la curiosità di chi Milano l’ha già vissuta in anni lontani ma che ora, di fronte a luoghi che non aveva mai frequentato, la sta riscoprendo.