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Due lavori pluripremiati, esposti variamente in Italia e all’estero, si incontrano per la prima volta e si confrontano in un unico progetto come fossero capitoli distinti ma complementari di un romanzo inedito, che propone attraverso la fotografia una lettura autoriale e originale di uno dei riti di passaggio fondamentali della nostra società.
I due Autori lasciano dialogare le proprie fotografie per comporre insieme una narrazione a due voci su un tema comune, affrontato con un linguaggio differente per intenzione e poetica, ma permeato in entrambi i casi da un approccio che rimane totalmente al di fuori dagli schemi stereotipati della fotografia matrimonialista e si attesta invece su una visione personale e intimistica, libera da mandati o dettami imposti e precostituiti, e totalmente in controtendenza.
Le fotografie di Franco Carlisi sono fortemente connotate da una squisita espressività, che ritroviamo in una gestualità accentuata e ricca di enfasi e in una sorprendente spontaneità raccolta ad arte. Un bianco e nero barocco rivela emozioni profonde che traspaiono dalla postura di un corpo, da uno sguardo limpido o dalla semplice posizione di una mano. La scelta di inquadrature sorprendenti per scatti apicali crea la suggestione di trovarsi di fronte a dei fermo-immagine di innegabile perfezione compositiva dentro una sequenza cinematografica struggente e decisamente coinvolgente. Ci si trova così invischiati in seducenti anfratti di emozionalità che ci conducono verso assonanze interiori di pura poesia.
Le fotografie di Francesco Cito sembrano declinare maggiormente il tipo di contesto scenografico e di figurazione quasi “teatrale” tipico di una società e di una cultura particolarmente votate all’apparenza e alla rappresentazione di sé. La gestualità del popolo napoletano che enfatizza il sentimento, la partecipazione corale al rito del matrimonio e un certo gusto esibizionistico nell’inscenare la celebrazione stessa nel modo più vistoso e spettacolare possibile sono i protagonisti di queste straordinarie fotografie. Non vi è alcuna intenzione di disinnescare un meccanismo che fa ormai parte di una tradizione secolare e che descrive l’identità stessa di un tessuto sociale consapevole e compiaciuto delle proprie scelte ostentate e pompose.