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Geografie sommerse è un lavoro in cammino, con persone in fuga dalla follia della violenza: nomadi che non possono più vagare, minoranze costrette a diventare nomadi, pellegrini nei santuari presi di mira dai terroristi. Con i più deboli e indifesi e la loro resistenza fragile.
Un atlante di luoghi dalle identità incerte, crocevia dove il sacro trascende i confini, e dove per secoli le persone hanno condiviso gesti, parole, canti, danze, riti e dei.
Immagini folgoranti e frammenti di racconto nel tentativo di portare alla luce le trame invisibili di una cartografia differente, che affonda nel mito e raccoglie i frantumi del divino nell’uomo.
«Forse questo può fare il fotografo, raccogliere tessere di un mosaico che non sarà mai completo, metterle nell’ordine che gli sembra giusto o forse solo possibile, sognando quell’immagine intera del mondo, che magari da qualche parte c’è, o forse c’era e s’è perduta, come la lingua di Adamo. Si può lavorare in modo che la realtà emerga, come una carezza, senza esser messa in posa.
La tenerezza fa da tramite.»
Monika Bulaj