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Guardare, scrollare senza sosta fotografie, immagini, selfie, meme e fake non solo stanca e distrae: annebbia la percezione del tempo, compromette la memoria di un passato e l’attesa di un futuro soltanto nostro, allontana dall’altro fermandoci alla sua superficie riflettente, frantuma la fiducia nel ruolo affettivo e informativo della fotografia. Ci toglie il respiro.
Entrare in una capanna immaginaria, smettere di guardare per proteggere la vita segreta degli occhi, potrebbe essere la soluzione? Isolarsi fu la scelta rivoluzionaria di Henry David Thoreau, alla ricerca di un vero sentire e stanco degli obblighi della società. Potrebbe funzionare anche con quella delle immagini?
Come due nuovi Bouvard e Pécuchet in cerca d’improbabili risposte per un mondo troppo complesso, gli autori dialogano sul legame tra il nostro destino più intimo e quello delle fotografie; abbandonando ogni nostalgia, fantasticano di una fotografia nuova, che torni a essere premessa di solidarietà e protezione contro l’insensatezza di vivere. Qualcosa per cui riaprire gli occhi.