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My America

My America

Autore/Author: Diana Matar
Editore/Editor: Gost
Pagine/Pages: 144
Dimensioni/Dimensions:  19,5 × 25,4 cm
Lingua/Language: English
Anno/Year: 2024

60,00 

Italiano

Degli oltre 300 siti che ho visitato, solo sette avevano un qualche tipo di memoriale. C’era qualcosa nel fatto che queste vite non fossero riconosciute, nemmeno sul territorio stesso, che mi turbava di più. Come nazione, non stavamo facendo il punto della situazione. Raramente, se non mai, segnavamo il territorio”.

Le fotografie in bianco e nero in My America ritraggono parchi cittadini, centri commerciali, parcheggi, case mobili, campi vuoti e autostrade ai lati delle strade. Fotografando questi paesaggi banali, Matar dichiara che ciò che è accaduto in quei luoghi è importante e mette in discussione il legame tra paesaggio e memoria.

“Una fotografia può dirci qualcosa su ciò che è accaduto prima dell’arrivo del fotografo… anche se non lo è, credo che ci sia valore nel documentare il territorio in cui si è verificata la violenza… Forse una fotografia può offrire modi per ricordare atti di ingiustizia che sono stati dimenticati o mai resi trasparenti”.

In precedenza, Matar, un americano che vive a Londra, ha trascorso anni a documentare siti di violenza sponsorizzata dallo Stato in Nord Africa, Europa orientale e meridionale. Nel 2015 ha puntato l’obiettivo sul suo Paese e ha iniziato a fare ricerche su chi, come e dove i cittadini morivano negli scontri con la polizia negli Stati Uniti. Ha creato mappe dettagliate nel suo studio e ha raccolto informazioni su ogni vittima morta nel 2015 e nel 2016.

“Volevo affrontare il problema della violenza della polizia in un modo che non fosse solo polemico”.

Una piccola sovvenzione della Ford Foundation le ha permesso di fare sei viaggi su strada nei successivi quattro anni. Ha fotografato negli Stati con il numero più alto e/o i tassi più alti pro capite di scontri letali (Texas, California, Oklahoma e New Mexico), viaggiando da sola su autostrade, strade secondarie e strade cittadine per rivelare qualcosa che andava oltre le statistiche. Dopo aver terminato di fotografare, Matar ha trascorso altri due anni a fare ricerche sull’esito legale di ogni caso. Il risultato è un libro progettato nel rispetto delle vittime, ma anche ricco di informazioni sulle ragioni strutturali per cui questi eventi continuano a verificarsi a un ritmo così elevato.

“In un mondo in cui ogni giorno vengono scattate milioni di foto, credo ancora che le fotografie possano contenere un significato; possono diventare la prova di cose non viste o udite… se, come credo, fotografare è un desiderio di conoscere qualcosa in modo profondo e oltre la superficie, devo essere silenzioso per vedere. E prestare attenzione a qualcosa significa che riconosco che è importante”.

Autore

English

Of the over 300 sites I visited only seven had any type of memorial. Something about these lives not being recognised, even on the land itself, upset me most. As a nation, we weren’t taking stock. We rarely, if ever, marked the ground.’

The black and white photographs in My America are of city parks, shopping malls, parking lots,  mobile homes, empty fields, and roadside highways. By photographing these banal landscapes Matar declares that what happened at the locations matters and questions the link between landscape and memory.

Can a photograph tell us anything about what has happened before the photographer arrives… even if not, I believe there is value in documenting the ground where violence has taken place… Perhaps a photograph can offer ways to remember acts of injustice that have been forgotten or never made transparent.’ 

Previously, Matar, an American living in London, spent years documenting sites of state sponsored violence in North Africa, Eastern and Southern Europe. In 2015 she turned her lens on her own country and began researching who, how, and where citizens were dying in police encounters in the US. She created detailed maps in her studio and compiled information about each victim who died in 2015 and 2016.

‘I wanted to address the issue of police
violence in a way that wasn’t just polemic.’

A small grant from the Ford Foundation enabled her to make six road trips over the next four years. She photographed in states with the highest numbers and/or highest rates per capita of lethal encounters—Texas, California, Oklahoma, and New Mexico—travelling alone on highways, back roads, and
city streets to reveal something beyond statistics. After Matar finished photographing, she spent two additional years researching the legal outcome of each case. The result is a book designed with respect to the victims but also rich with information about the structural reasons why these events continue to occur at such a high rate.

‘In a world where millions of pictures are taken each day, I still believe photographs can contain meaning; they can become evidence of things not seen or heard… if, as I believe, to photograph is a desire to know something deeply and beyond the surface, I must be quiet to see. And attending to something says I acknowledge it matters.’

Autore

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