Italiano
Si può leggere come una partitura di jazz, la Sicilia di Massimo Gurciullo. Alla ricerca di una fotografia libera da sovrastrutture concettuali che così spesso limitano e appesantiscono, a volte fino all’immobilità, il racconto per immagini (dove già “racconto” è una categoria di troppo),l’autore siracusano ma francese di adozione compone un sentito assolo sulla sua isola, fatto di fraseggi dal ritmo forsennato e improvvise pause ad effetto.
L’obbiettivo dichiarato, come in una teoria del flusso applicata all’immagine attraverso la metafora musicale, è fotografare al solo scopo di fotografare, da un lato scardinando il teatro dell’azione scenica e dall’altro scatenando i demoni della percezione ,dell’assimilazione e dell’interpretazione. Il risultato, sfuggito allo scrutinio della premeditazione e delle logiche di mercato,è una scrittura beat e quindi naturalmente melodica, dove bianco e nero dialogano sulla e con la pagina fino a diventare il tutto e il nulla di un discorso emozionale, sensuale, viscerale.