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Camminò quasi per tutta la vita, Campana. Dalla Romagna alla Toscana, fino alla Francia, alla Svizzera, all’Argentina. Non si contano, i luoghi disegnati dai passi cupi e luminosi del poeta marradese. Eppure c’è un luogo – l’Appennino tosco-romagnolo – che più di ogni altro racconta alcune fra le pagine migliori dei suoi Canti Orfici. Dai boschi intorno a Marradi fino alla Valle del Falterona, passando per l’Acquacheta, per San Benedetto in Alpe, per il Passo del Muraglione: la geografia appenninica campaniana è tanto affascinante quanto ancora (ormai possiamo dire per sempre) misteriosa. Si procede per deduzioni, trascinando occhi e dita su mappe e origliando brandelli di storie e testimonianze di chi allora viveva in quelle terre. È passato ormai più di un secolo… Vagabondare nei luoghi campaniani significa andare per giorni, osservare, vibrare insieme a un territorio che la desertificazione umana ha reso oggi molto più selvaggio di allora. Qui, tra queste montagne, su questi sentieri, Dino ricevette in dono parole infinite, poi rimaste scolpite nella storia della letteratura italiana. Bisognerebbe ripercorrere i suoi viaggi anche solo per vestirle di un corpo fatto d’aria, di sguardi, di terra, di tutta la tremante sazietà che si respira errando.
In questo libro, camminato più che scritto, trovano posto poesie, riflessioni, testimonianze, disegni, fotografie, nel tentativo sì di suggerire i sentieri appenninici “di casa” che Dino può avere percorso tra il 1910 e il 1917 ma anche di costruire una mappa immateriale, poetica e spirituale, che possa essere percorsa in ogni luogo e in ogni tempo, con l’anima e l’immaginazione.